Pasolini "is" closer to me than I ever imagined.
Today, literally today, I realize it again.
I
am sure that if we had in our hands a more complete ''list'' of all his
positions on Israel and Zionism, other more critic and more radical
"anti-Zionist" positions would be revealed, forming a self-contradictory
image of him.
But there is passion and contradiction on this issue on his part, this is rather indisputable.
Compagni, perché non capite?
di Pier Paolo Pasolini
[Sul numero di aprile 1967 di Nuovi argomenti Pier Paolo Pasolini pubblica le poesie su Israele che non aveva inserito nella raccolta di tre anni prima e una nota molto polemica nei confronti della sinistra che aveva prese una netta posizione contro Israele.
E’ un testo da rileggere]
Giuro sul Corano che io amo gli arabi quasi come mia madre.
Sono in trattative per comprare una casa in Marocco e andarmene là.
Nessuno dei miei amici comunisti lo farebbe, per un vecchio, ormai tradizionale e mai ammesso odio contro i sottoproletariati e le popolazioni povere.
Inoltre forse tutti i letterati italiani possono essere accusati di scarso interesse intellettuale per il Terzo Mondo: non io.
Infine, in questi versi, scritti nel ‘63, come è fin troppo facile vedere, sono concentrati tutti i motivi di critica a Israele di cui è ora piena la stampa comunista.
Ho vissuto dunque, nel ‘63, la situazione ebraica e quella giordana di qua e di là del confine. Nel Lago di Tiberiade e sulle rive del Mar Morto ho passato ore simili soltanto a quelle del ‘43, ‘44: ho capito, per mimesi, cos’è il terrore dell’essere massacrati in massa.
Così da dover ricacciare le lacrime in fondo al mio cuore troppo tenero alla vista di tanta gioventù, il cui destino appariva essere appunto solo il genocidio.
Ma ho capito anche, dopo qualche giorno ch’ero là, che gli israeliani non si erano affatto arresi a tale destino.
(E così, oltre ai miei vecchi versi, chiamo ora a testimone anche Carlo Levi, a cui la notte seguente l’inizio delle ostilità, ho detto che non c’era da temere per Israele, e che gli israeliani entro quindici-venti giorni sarebbero stati al Cairo).
È dunque da un misto di pietà e di disapprovazione, di identificazione e di dubbio, che sono nati quei versi del mio diario israeliana.
Ora, in questi giorni, leggendo l’Unità ho provato lo stesso dolore che si prova leggendo il più bugiardo giornale borghese.
Possibile che i comunisti abbiano potuto fare una scelta così netta? Non era questa finalmente, l’occasione giusta per loro di «scegliere con dubbio» che è la sola umana di tutte le scelte? Il lettore dell’Unità non ne sarebbe cresciuto? Non avrebbe finalmente pensato – ed è il minimo che potesse fare che nulla al mondo si può dividere in due? E che egli stesso è chiamato a decidere sulla propria opinione? E perché invece l’Unità ha condotto una vera e propria campagna per «creare» un’opinione? Forse perché Israele è uno Stato nato male? Ma quale Stato, ora libero e sovrano, non è nato male? E chi di noi, inoltre, potrebbe garantire agli Ebrei che in Occidente non ci sarà più alcun Hitler o che in America non ci saranno nuovi campi di concentramento per drogati, omosessuali e ebrei? O che gli ebrei potranno continuare a vivere in pace nei paesi arabi? Forse possono garantire questo il direttore dell’Unità, o Antonello Trombadori o qualsiasi altro intellettuale comunista?
E non è logico che, chi non può garantire questo, accetti, almeno in cuor suo, l’esperimento dello Stato d’Israele, riconoscendone a sovranità e la libere!?
E che aiuto si dà al mondo arabo fingendo di ignorare la sua volontà di distruggere Israele?
Cioè fingendo di ignorare la sua realtà?
Non sanno tutti che la realtà del mondo arabo, come la realtà della gran parte dei paesi in via di sviluppo – compresa in patte l’Italia – ha classi dirigenti, polizie, magistrature, indegne?
E non sanno tutti che, come bisogna distinguere la nazione israeliana dalla stupidità del sionismo, così bisogna distinguere i popoli arabi dall’irresponsabilità del loro fanatico nazionalismo?
L’unico modo per essere veramente amici dei popoli arabi in questo momento, non è forse aiutarli a capire la politica folle di Nasser, che non dico la storia, ma il più elementare senso comune, ha già giudicato e condannato?
O quella dei comunisti è una sete insaziabile di autolesionismo?
Un bisogno invincibile di perdersi, imboccando sempre la strada più ovvia e più disperata? Così che il vuoto che divide gli intellettuali marxisti dal partito comunista debba farsi sempre più incolmabile?»
da Nuovi Argomenti numero 6, aprile-giugno 1967
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Πρόχειρη μετάφραση:
Comrades, why don't you understand?
by Pier Paolo Pasolini
[In the April 1967 issue of New Topics Pier Paolo Pasolini publishes the poems on Israel that he had not included in the collection three years earlier and a very controversial note against the left that had taken a clear stance against Israel.
It is a text to be reread].
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I swear on the Koran that I love Arabs almost as I love my mother.
I am in talks to buy a house in Morocco and move there.
None of my communist friends would do it, for an old, now traditional, and non admited as open, hatred of underclass and poor populations.
Furthermore, perhaps all Italian writers can be accused of little intellectual interest in the Third World: not me.
Finally, in these verses, written in '63, as it is all too easy to see, all the reasons for criticizing Israel that are now full in the Communist press are concentrated.
Therefore, in 1963, I experienced the Jewish and Jordanian situation on both sides of the border. In the Sea of Galilee and on the shores of the Dead Sea I spent hours similar only to those of '43, '44: I understood, by mimesis, what the terror of being massacred is.
So that I had to push back the tears in the depths of my too tender heart at the sight of so many young people, whose fate seemed to be just genocide.
But I also understood, after a few days that I was there, that the Israelis had by no means surrendered to this fate.
(And so, in addition to my old verses, I now also call Carlo Levi as a witness, to whom the night following the start of hostilities, I said that there was no fear for Israel, and that the Israelis within fifteen to twenty days would have been in Cairo).
It is therefore from a mixture of pity and disapproval, of identification and doubt, that those lines of my Israeli diary were born.
Now, these days, while reading the Unit, I felt the same pain that one feels when reading the most liar bourgeois newspaper.
Could it be that the Communists could have made such a clear choice? Wasn't this finally the right opportunity for them to "choose with doubt" that she is the only human of all choices? Wouldn't the Unity reader grow from it? He wouldn't have finally thought - and is it the least he could do that nothing in the world can be divided in two? And that he himself is called to decide on his own opinion? And why instead did the Unity conduct a real campaign to "create" an opinion? Could it be because Israel was a badly born state? But which state, now free and sovereign, was not born badly? And who among us, moreover, could guarantee the Jews that there will be no Hitler in the West or that in America there will be no new concentration camps for drug addicts, homosexuals and Jews? Or that Jews will be able to continue to live in peace in Arab countries? Perhaps the director of the Unit, or Antonello Trombadori or any other communist intellectual can guarantee this?
And it is not logical that, who cannot guarantee this, accept, at least in his heart, the experiment of the State of Israel, recognizing its sovereignty and freedom !?
And what help is being given to the Arab world by pretending to ignore its will to destroy Israel?
That is, pretending to ignore its reality?
Doesn't everyone know that the reality of the Arab world, like the reality of most of the developing countries - including Italy- has ruling classes, police, judiciary, unworthy?
And does not everyone know that, as we must distinguish the Israeli nation from the stupidity of Zionism, so we must distinguish the Arab peoples from the irresponsibility of their fanatical nationalism?
The only way to truly be friends with the Arab peoples at this moment, is not to help them understand Nasser's crazy politics, which I do not tell the story, but the most elementary common sense, has already judged and condemned?
Or is that of the Communists an insatiable thirst for self-harm?
An invincible need to get lost, always taking the most obvious and most desperate path? So that the void that divides the Marxist intellectuals from the Communist Party must become ever more unbridgeable? "
Ο Παζολίνι για τους Ισραηλινούς Εβραίους:
ΑπάντησηΔιαγραφήPier Paolo Pasolini.
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Non ce l’avete fatta più, fratelli—fratelli maggiori per dolore—segnati dalla grandiosità del male, e siete scappati quaggiù, siete venuti a raccogliervi quaggiù, come quando si vuol morire e non morire, ammucchiandovi come pecorelle che credono il calore delle sorelle coraggio.
Il trauma, così passato di moda oggi nel mondo, di venti, di venticinque anni fa, qua lo conservate, avete cercato quest’area marginale, per preservarlo, istituzione di origine divina!